Ci sono cose che all’università ti cambiano per sempre. A volte è un prof, a volte è un corso che ti appassiona, a volte è quell’esame che ti tiene sveglio la notte.
E poi c’è l’Erasmus.
Un nome che gira nei corridoi fin dal primo anno, che associ a viaggi, nuove amicizie, notti infinite… ma che quando ti arriva il bando nella mail ti fa venire un dubbio: e se partissi davvero?
Partire in Erasmus non è solo studiare all’estero. È imparare a cavartela con una lingua che non è la tua, è trovare casa in una città che non conosci, è sentirti piccolo e grandissimo allo stesso tempo. È aprirti al mondo, ma anche a te stessə.
In questo articolo cerchiamo di rispondere a tutte le domande che probabilmente non hai ancora fatto ad alta voce.
Cos’è l’Erasmus? Come funziona? Come si parte? E soprattutto… perché vale la pena provarci davvero?
Cos’è davvero l’Erasmus?
L’Erasmus è molto più di uno scambio culturale. È un programma dell’Unione Europea che ti permette di studiare o lavorare all’estero durante il tuo percorso universitario, rimanendo iscritto nella tua università italiana.
Erasmus+ in breve:
- Chi può partire? Studenti iscritti a corsi di laurea triennale, magistrale o dottorato.
- Dove si può andare? In oltre 30 Paesi tra Europa, Regno Unito (in parte), Turchia, Islanda, Norvegia, Svizzera e altri associati al programma.
- Quanto dura? Da 2 a 12 mesi per mobilità per studio, da 2 a 6 mesi per tirocinio (Erasmus Traineeship).
- Cosa si fa? Si frequentano corsi in un’università estera (che poi vengono riconosciuti in Italia), oppure si svolge uno stage formativo in un’azienda o ente.
- C’è un aiuto economico? Sì! Il contributo Erasmus varia da 250€ a 700€ al mese, in base al Paese di destinazione e alla tipologia (studio o tirocinio). Alcune regioni o atenei offrono ulteriori fondi.
✈️ Esistono due tipi principali di Erasmus:
- Erasmus per studio: segui le lezioni, sostieni esami, vivi la vita universitaria all’estero.
- Erasmus Traineeship (tirocinio): fai uno stage in un’azienda, laboratorio o istituzione europea, anche dopo la laurea (entro 12 mesi dal titolo).
In entrambi i casi, torni con più CFU, più consapevolezza e — diciamocelo — anche un sacco di aneddoti che inizieranno con “quando ero in Erasmus…”.
Perché partire? I motivi che vanno oltre le lezioni
Ok, studiare all’estero è bello. Ma la verità è che l’Erasmus ti insegna cose che non stanno nei libri. Parti convintə di imparare meglio l’inglese o dare qualche esame “soft”, e torni con uno zaino pieno di competenze, storie, amicizie e trasformazioni che non ti aspettavi.
1. Impari ad arrangiarti (e a fidarti di te)
Dal fare la spesa in un supermercato sconosciuto al gestire i trasporti pubblici in una lingua che capisci a metà, ogni giorno in Erasmus è una palestra di autonomia.
Scoprirai di saper fare cose che a casa nemmeno immaginavi. Tipo aprire un conto in banca in tedesco. O cucinare decentemente. O chiedere informazioni a una signora polacca con Google Translate e tanto coraggio.
2. Conosci persone da tutto il mondo
Non importa dove vai: in Erasmus sei sempre parte di una community. Fatto di coinquilini, colleghi di corso, gruppi WhatsApp, cene internazionali e feste in cui il dress code è “bandiera del tuo Paese”.
E tra tutte queste persone, qualcuno diventerà amico per sempre. Promesso.
3. Esci dalla tua comfort zone (e ci entri nel mondo reale)
Cambi prospettiva, ti metti in discussione, impari ad adattarti. Vedi come funziona l’università altrove, come pensano gli studenti spagnoli, come vivono i francesi, quanto è diversa la quotidianità a 1500 km da casa.
È un’esperienza che ti allena ad affrontare l’ignoto con più leggerezza.
4. Il tuo CV ti ringrazierà
Avere “mobilità internazionale” nel curriculum è un super plus. Le aziende (soprattutto multinazionali) cercano persone flessibili, curiose, con spirito di adattamento. E indovina un po’? L’Erasmus è esattamente tutto questo.
In più, potresti scoprire che l’estero non è solo un’avventura temporanea, ma una possibilità concreta per il tuo futuro.
Come si parte? Guida pratica step by step
Partire in Erasmus non è difficile, ma serve un po’ di organizzazione e tempismo. Ecco una guida semplice per non perdere l’occasione (né il bando).
1. Controlla i bandi e le scadenze
Ogni università pubblica i bandi Erasmus una o due volte all’anno. Solitamente in inverno (gennaio-febbraio) e, in alcuni casi, in autunno (settembre-ottobre).
Trovi tutto sul sito del tuo ateneo → sezione “relazioni internazionali” o “mobilità Erasmus”. Leggi bene i requisiti: a volte serve una media minima, a volte solo la voglia di partire.
2. Scegli la meta giusta (con criterio)
Sì, la città conta. Ma conta di più l’università partner, i corsi che puoi seguire, il modo in cui i CFU ti verranno riconosciuti.
Evita di scegliere solo in base alla movida o al meteo. Chiedi consiglio a chi ci è già stato, controlla i programmi di studio, fatti un’idea realistica.
💡 Pro tip: guarda se puoi seguire esami simili ai tuoi in Italia → così ti vengono riconosciuti senza problemi al ritorno.
3. Compila il Learning Agreement
È il “patto” tra te, la tua università e quella ospitante. Devi indicare quali corsi seguirai all’estero e con quali esami italiani verranno convertiti.
Una volta approvato, è come un contratto: se dai quegli esami, ti vengono automaticamente riconosciuti al rientro.
4. Ottieni il contributo economico
Dopo la firma, riceverai una borsa Erasmus mensile (di solito in due tranche). L’importo varia da 250 a 700 euro in base al Paese.
Alcune università o regioni offrono fondi extra (es. per studenti con ISEE basso o per disabilità).
È raro che basti per coprire tutto, ma può darti una buona base per sostenere affitto e spese.
5. Prepara valigia e documenti
Sì, c’è burocrazia. Ma non è impossibile. Ti serviranno:
- tessera sanitaria europea (EHIC)
- carta d’identità valida per l’espatrio (o passaporto se vai extra-UE)
- eventuale assicurazione (alcuni Paesi la richiedono)
- tanta voglia di metterti in gioco
I miti da sfatare sull’Erasmus
L’Erasmus è pieno di leggende. Alcune vere, altre… decisamente esagerate. Prima di decidere se partire o meno, è importante separare i fatti dalle fiction.
“È solo una vacanza travestita da università”
La verità? Dipende da te.
Se pensi di passare sei mesi a fare aperitivi e saltare esami, magari ci riesci. Ma se vuoi veramente viverla, l’Erasmus è molto di più: è un’occasione per crescere, studiare da un altro punto di vista, confrontarti con prof e studenti di un’altra cultura.
Poi sì, ci saranno feste. Ma anche sveglie presto, esami in inglese e presentazioni davanti a 30 sconosciuti. È una vacanza? No. È un’avventura? Assolutamente sì.
“Non ti riconoscono mai gli esami”
Solo se non segui le regole.
Se compili bene il Learning Agreement, scegli corsi compatibili con quelli italiani e ti confronti con i referenti prima di partire, gli esami ti vengono riconosciuti. E se qualcosa cambia mentre sei all’estero, puoi aggiornare tutto con il “Changes to Learning Agreement”.
👉 L’errore più comune? Fare tutto all’ultimo e “sperare vada bene”. Meglio organizzarsi prima, così non ci saranno sorprese.
“L’Erasmus è solo per chi ha tanti soldi”
Falso.
Esiste una borsa mensile per tutti i partecipanti e, in molti casi, ci sono fondi aggiuntivi per studenti con ISEE basso, fuori sede, con disabilità o figli a carico. Inoltre, puoi:
-
lavorare part-time (in molti Paesi è legale con il visto studente),
-
cercare alloggi convenzionati con l’università ospitante,
-
accedere a mense o trasporti a prezzo ridotto.
Non sarà una vita di lusso, ma si può fare. E se ne vale la pena? Spoiler: sì.
“Se non vai in Erasmus al terzo anno, è troppo tardi”
Nope.
Puoi fare Erasmus anche alla magistrale, durante un tirocinio post-laurea (entro 12 mesi dalla laurea) o addirittura durante il dottorato.
Non sei mai “fuori tempo massimo” per partire: lo decidi tu il momento giusto.
La parte difficile (che nessuno racconta)
Sì, l’Erasmus è bellissimo. Ma non è tutto filtri Instagram e skyline al tramonto. Ci sono anche momenti complicati — e parlarne aiuta a viverli meglio.
1. La nostalgia (quella che arriva quando non te l’aspetti)
Anche se sei esaltatə per la partenza, anche se ti trovi bene, ci saranno momenti in cui ti mancherà casa. Magari un messaggio della tua famiglia, una voce amica, o solo il sugo della domenica.
È normale. Succede a tuttə. Non è un segnale che hai sbagliato, ma che sei umanə. Condividere questi momenti con altri Erasmus spesso aiuta più di quanto pensi.
2. L’effetto “sono piccolə in un mondo troppo grande”
Ti ritrovi in una città dove non conosci nessuno, con una lingua che non capisci, una routine tutta da costruire. I primi giorni possono essere intensi, disorientanti, anche un po’ faticosi.
Ma ogni passo che fai, ogni parola che impari, ogni persona che conosci… ti cambia.
È proprio in quei momenti che cresci.
3. L’ansia da “devo vivere tutto al massimo”
C’è questa idea (sbagliata) che in Erasmus devi fare ogni giorno qualcosa di indimenticabile.
Ogni sabato un viaggio, ogni sera una festa, ogni momento documentato nelle storie. Ma non funziona così.
A volte ti sentirai stanco, avrai voglia di stare in camera a guardare Netflix, o semplicemente non avrai voglia di “essere sociale”.
E va benissimo. L’Erasmus non è una gara a chi vive di più, ma a chi vive meglio — a modo proprio.
4. Il ritorno a casa (spoiler: è strano)
Nessuno ti prepara al ritorno. Ti aspettano esami, routines, amici che hanno vissuto sei mesi completamente diversi dai tuoi. Tu sei cambiato, e il mondo di prima non ti sembra più uguale.
È normale sentirsi un po’ spaesati. Ma è anche un segno che hai vissuto qualcosa di forte e trasformativo. Non cercare di tornare “com’eri prima”: portati dietro quello che sei diventatə.
Erasmus: e poi?
L’Erasmus finisce. Ma quello che ti lascia, resta.
Non è solo un’esperienza che si conclude con una valigia da rifare e una cena d’addio. È una porta che si apre su tante altre possibilità, dentro e fuori di te.
1. Opportunità post-laurea
Una volta tornatə, potresti accorgerti che l’estero non era solo un esperimento… ma un piano B (o anche A).
L’Erasmus è un ottimo trampolino per:
-
lavorare all’estero: hai già avuto un primo assaggio, magari vuoi approfondire;
-
fare un altro Erasmus Traineeship dopo la laurea (entro 12 mesi dal titolo!);
-
partecipare ad altri programmi europei, come il Corpo Europeo di Solidarietà o i tirocini nelle istituzioni UE;
-
iscriverti a un master all’estero, con più sicurezza e contatti di prima.
Insomma, una volta che impari a vivere altrove, non è più così spaventoso farlo di nuovo.
2. Come sfruttare al massimo l’Erasmus nel CV
Quando scrivi il curriculum, l’Erasmus non va messo solo come “esperienza accademica”.
Usalo per raccontare:
-
le lingue che hai praticato (e magari migliorato);
-
le soft skills che hai sviluppato: flessibilità, problem solving, adattamento, comunicazione interculturale;
-
progetti o esami particolari che hai affrontato all’estero;
-
l’ambiente multiculturale in cui hai vissuto/lavorato.
👉 Bonus: racconta l’esperienza anche nei colloqui di lavoro. È il momento perfetto per dire "mi sono trovatə in un contesto completamente nuovo, e ce l’ho fatta". Le aziende lo adorano.
3. Costruisci relazioni che durano
L’Erasmus non finisce con un volo di ritorno.
Se vuoi, puoi continuare a far parte della community: diventare buddy per studenti stranieri, partecipare ad eventi Erasmus Alumni, tenere i contatti con i tuoi coinquilini sparsi per l’Europa.
In un mondo sempre più connesso, le amicizie internazionali sono ponti veri.
4. E la cosa più importante…
Tornerai cambiato.
Magari di poco, magari tantissimo. Magari non te ne accorgerai subito. Ma un giorno ti capiterà di prendere una decisione con più sicurezza, parlare con uno sconosciuto senza esitazione, scrivere una mail perfetta in inglese o scegliere di partire di nuovo — e lì capirai:
l’Erasmus ha lasciato il segno.
Conclusione: L’Erasmus non è solo un viaggio. È un punto di svolta.
Non devi partire per forza. Non è un passaggio obbligato per essere "giusti". Ma se anche solo una parte di te ci sta pensando seriamente, allora forse è il momento di ascoltarla.
L’Erasmus è una di quelle cose che non capisci davvero finché non le vivi. È sbagliare metro, cambiare amici, imparare una parola nuova, sentirsi soli e poi di colpo sentirsi a casa. È la prova che puoi fare cose difficili. E che, una volta fatte, niente ti fa più paura.
Quindi non chiederti “e se non sono prontə?”. Chiediti:
“e se invece fosse proprio questo a rendermi prontə?”
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